Tuttinbarca Newsletter 41

TILDA AGROUND
 
Questa volta voglio raccontarvi di una disavventura vissuta durante una navigazione estiva lungo la costa atlantica spagnola, tra Cadice e la foce del Fiume Guadiana.

Navigare non è sempre albe, tramonti, placide veleggiate, tuffi in acque cristalline e cene al lume di candela cullati dalle onde, a volte succede di imbattersi in vere e proprie sfide che ci portano vicino o oltre il limite della nostra zona di comfort.

È capitato così, a fine luglio scorso, all'equipaggio di Tilda nella prima settimana dei campi estivi Tuttinbarca quando, conclusa con soddisfazione una giornata di navigazione a vela attraversando il Golfo di Cadice, accendemmo il motore, ammainammo le vele, sollevammo la chiglia idraulica e si prese la rotta all'interno del canale di boe che porta dall'Oceano Atlantico alla foce del Rio das Piedras, con l'intenzione di risalire il corso del fiume per una decina di chilometrii e dare fondo all'ancora nei pressi del Puerto El Rompido, approdo fluviale millenario protetto da una lingua di sabbia e soggetto a suggestivi cambi di marea che lo hanno reso ambita meta di turismo.

Il portolano dell'Ammiragliato inglese riporta la dicitura "accedere al canale con conoscenza locale", poichè i fondali sono soggetti a oltre tre metri di escursione di marea, in bassa marea il canale si trova in mezzo a due banchi di sabbia emersi, i banchi si muovono spinti dalle correnti e la posizione delle boe non è verificata.
Detto ciò, calcolai un'accesso con la marea montante, mi misi al timone, rilevai l'allineamento delle boe, accesi il GPS di bordo a cui sovrapposi la cartografia Navionics per iPhone e la posizione sulla mappa di Google, chiesi a due marinai di tenersi a prua e controllare il fondale, misi un marinaio alla lettura del profondimetro digitale, una GoPro accesa a filmare l'entrata e tutti in silenzio.
 
Motore in marcia avanti a mezza potenza, la profondità scende gradualmente da 6 metri a 5,5 - Tilda in quel momento 'pesca' due metri sotto il livello del mare - poi il ragazzo legge a voce alta “5,4 - 4,8 - 4,5 e... 2,0”, la barca si fermò dolcemente nello spazio di un paio di metri al massimo e la nostra dis-avventura ebbe inizio.

Come dicono quelli che ci sono già passati prima di me, una volta insabbiati, non c'è modo di uscirne con la propria propulsione; malgrado questa saggezza popolare, provai per un quarto d'ora con marcia avanti e indietro e spostando il peso dell'equipaggio da prua a poppa e da babordo a tribordo, finchè prevalse il buon senso e chiesi al responsabile radio di inviare un segnale di soccorso sul canale 16 del VHF, a cui subito rispose la Stazione Marittima di Huelva, che in pochi istanti ci assicurò di avere inviato un mezzo di soccorso.

La mezz'ora che seguì ebbe tratti tragicomici, con il nostro giovane radiotelefonista che a dare spettacolo alla radio cercando, in un misto di inglese e spagnolo, di rassicurare i soccorsi che si stava tutti bene; con turisti e locali che dalla spiaggia si approssimavano dando consigli; con l'equipaggio che tentava di disincagliarci portando il peso sulla varea del boma spinto fuori bordo.
I miei pensieri, nel mentre, vagavano da un ottimismo realista - nessun ferito, possibile sbarco a terra in pochi metri, barca solida - a un nero pessimismo che mi faceva tremare le ginocchia - notte all’addiaccio su barca spiaggiata sul fianco, equipaggio bagnato e infreddolito, danni allo scafo, campi estivi annullati - finché avvistai il mezzo dei soccorsi e mi ripresi dallo sconforto.

Il gommone di 8 metri del Salvamiento Marittimo de Huelva non mi ispirò alcuna fiducia fin dal primo momento, non vedevo come avrebbe potuto trainare 35 tonnellate fuori dalla sabbia, ma la gentilezza dei suoi tre uomini barbuti a bordo mi lasciò a bocca aperta. Mentre si analizzava il perchè eravamo finiti lì e si studiava il come uscirne, la marea montante fece tutto il resto e nel giro di cinque minuti dall'arrivo dei soccorsi, Tilda si staccò dal fondo, ruotò su se stessa e spinta dalle onde mise la prua verso il largo.
A quel punto, forse per uscire dall'imbarazzo generale - quello nostro, per avere chiamato i soccorsi per niente, il loro per avere navigato mezz'ora a tutta birra per niente - ci chiesero se volevamo essere scortati fino al punto di destinazione, cosa che accettammo di buon grado e così iI gommone ci precedette di una trentina di metri sondando il fondale, finchè entrati nel canale dragato, valutammo che l'emergenza era rientrata e avremmo proseguito da soli. Non ebbi neppure il tempo di offrire loro una bottiglia di vino che i tre soccorritori ripresero il mare e sparirono all'orizzonte.

Ci vollero due notti ormeggiati al Puerto Marina El Rompido per riprenderci dall'emozione di una dis-avventura finita bene, che ci ha insegnato tanto, soprattutto che a volte la "conoscenza locale" si acquista a suon di sberle in faccia.

Vi auguro un meraviglioso autunno!