QUANDO PERDI, NON PERDERE LA LEZIONE (Dalai Lama)

Cari amici,

La stagione velica estiva si è conclusa e vorrei condividere un breve e avvincente racconto di un'avventura che abbiamo vissuto a bordo di Tilda, secondo lo spirito per cui anche e sopratutto ciò che non va secondo i nostri piani ci aiuta sempre a crescere e migliorarci.
 
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Sequestro e Custodia
 
Quella mattina di fine luglio salpammo presto da Albufeira con l'idea di non farci mai più ritorno.

I Campi Estivi Tuttinbarca 2021 in Portogallo erano appena iniziati, con mille difficoltà dovute ad un insolito susseguirsi di eventi sfortunati, che con particolare accanimento si erano abbattuti su di noi, dall'inesplicabile ingenuità di una rinomatissima impresa locale di riparazioni navali la quale montava al contrario una rondella all'interno della scatola del cambio provocando un danno totale, alla cialtroneria di un meccanico e un pittore che per mesi rimandavano importanti lavori di manutenzione, alla noncuranza dei marinai del porto che avevano varato Tilda con la grazia di chi ha troppo caldo e non vede l'ora di andarsene a casa e per questo non si accorge che la gru colpiva a sinistra e a dritta lo scafo appena pitturato, fino al tracotante direttore del Marina di Albufeira che trattava gli errori dei suoi come un problema di altri, ignorando ogni tentativo di conciliazione e portando Tilda ad un atto di ribellione, forte e quasi incosciente, ma che al momento sembrava possedere logica e fondamento.

Con il motore smontato in attesa dei pezzi per aggiustare la scatola del cambio, esausti ed esauriti da una sosta in porto forzata che durava da troppi giorni e aveva innescato una preoccupante ondata di malessere nei genitori dei giovani partecipanti ai campi, attendevamo il giorno in cui il nuovo meccanico navale - neozelandese, uno dei migliori in zona e finalmente con un po' di fortuna uno ben disposto ad aiutarci - ci avrebbe tirato fuori dagli impicci rimettendo a nuovo il cambio, come un affamato al tavolo aspetta che gli venga portata la sua pietanza, con un misto di gratitudine e fastidio ma soprattutto con infinita impazienza.
Quando quel giorno si materializzò, la prima cosa che pensai fu di prendere armi e bagagli, baracca e burattini e sparire da quel nefasto ormeggio che ci teneva aggrovigliati come in una ragnatela. Il ragionamento mi sembrava non fare una piega e così, senza passare per le usuali procedure di uscita, tolsi gli ormeggi e feci rotta verso l'uscita.

Un piccolo dettaglio rimaneva in sospeso, cioè il saldo dell'ultima fattura per i giorni di fermo forzato in porto, ma questo fatto mi appariva un cavillo di fronte all'attrattiva del potere finalmente navigare liberamente insieme ai miei ragazzi, perciò informai via email gli uffici del Marina che, considerato il cospicuo gruzzolo che gli avevo fin lì versato e visti i danni allo scafo di Tilda, mi aspettavo uno sconto importante su quegli ultimi giorni e trattai con ingenua superficialità la risposta del direttore che minacciava di ricorrere al Tribunale se non avessi pagato tutto e subito.

Ancorati verso fine pomeriggio a Portimão, nella protezione offerta dall'ansa che si forma alla foce del fiume, fummo avvicinati da una motovedetta della Polizia Marittima, da cui si sporgeva con fare da duro un giovane poliziotto, il quale informava il capitano di Tilda che se la questione in ballo con il porto di Albufeira non si fosse sistemata il caso sarebbe giunto al Tribunale. Messo da parte anche questo avvertimento, con la certezza che in base alla mia conoscenza dei paesi latini, i tempi giudiziari mi avrebbero concesso di dedicarmi alle attività dei campi estivi prima di dovermi chinare nuovamente sul problema, salutai cortesemente il poliziotto e me ne tornai alle mie faccende di barca.

Felici e contenti di potere scorrazzare lunga la costa dell'Algarve, il giorno seguente navigammo verso oriente e decidemmo di concederci una sosta al Marina di Vilamoura, la cui fama di meta del turismo di lusso nord europeo non mi attraeva tanto quanto la vicinanza con l'aeroporto di Faro, da cui l'equipaggio sarebbe partito la mattina successiva, e la presenza di imprese nautiche specialistiche a cui rivolgermi per un paio di riparazioni minori.
 
Passata la diga esterna ci ormeggiammo al pontile d'attesa per la procedura di check in, dove con nostra sorpresa ci attendeva una motovedetta della Guardia Costiera con il suo comandate e tre o quattro guardiamarina, uno dei quali si avvicinò al fianco prima che io sbarcassi e mi chiese l'autorizzazione di salire a bordo per un'ispezione fiscale e doganale. Per un istante pensai di rispondergli provocatoriamente di no, che non autorizzavo nessuno a salire bordo, tuttavia intuì che quell'evento era relazionato con i fatti di Albufeira e che la cosa stava prendendo una brutta piega, perciò invitai i guardiamarina a svolgere il loro compito e mi misi a disposizione. Dopo il controllo di documenti, licenze e permessi, e una finta ispezione di alcuni gavoni in cerca di armi, droga e animali, nel giro di pochi minuti la cosa finì in un nulla di fatto, con la Guardia Costiera che ci salutò amabilmente augurandoci buone vacanze. Facemmo il nostro ingresso a Vilamoura e ci ormeggiammo al pontile che ci fu assegnato dalla gentile ricezionista.

La serata del venerdì si stava concludendo con una cena di commiato per i ragazzi e le ragazze che sarebbero tornati a casa da lì a poco, quando mio figlio mi chiamò dal pozzetto dicendo che un signore voleva parlare con il capitano. Misi la testa fuori e percepì che stava per accadere il peggio. L'ufficiale di Polizia Marittima mi notificò una decisione del Comandante della Capitaneria di Porto di Faro, il quale su ordine "urgente" del Tribunale Marittimo di Lisbona chiedeva alla Polizia di procedere al sequestro e messa in custodia dell'imbarcazione Tilda, numero matricola, ecc. Per un attimo fraintesi alcune parole e pensai di essere io stesso agli arresti, ma un sorriso sul volto del poliziotto mi fece ritrovare il respiro e dissimulai flemma e sangue freddo. A quel punto, entrò in scena il secondo poliziotto fin lì in disparte, che con gentilezza mi chiese dove poteva far passare le catene per arrestare la barca al pontile senza graffiarla. La scenetta surreale che si svolse nel seguente quarto d'ora mi vedeva complice dell'autorità preposta a far passare una grossa catena da quattordici millimetri intorno alla piattaforma di poppa di Tilda, mi sembrò di vedermi dall'alto, perfettamente calmo e rilassato mentre arrestavo io stesso la mia barca. La Polizia si dimostrò davvero gentile in quel contesto, spiegandomi che aveva preferito procedere all'arresto con il buio della sera per evitare attenzioni e clamore, e che in caso di urgenza meteo sarebbe intervenuta per liberare la barca e consentire di mettere la barca in salvo.

Rimaneva da capire come dirlo ai ragazzi che sarebbero dovuti arrivare l'indomani per il nuovo turno e soprattutto come procedere per far liberare la barca al più presto. Chiamai una ad una le mamme dei partecipanti e spiegai che il campo non si poteva svolgere per cause di forza maggiore e poi procedetti a saldare la fattura in sospeso con il Marina di Albufeira, cosciente che se un uomo era riuscito con un paio di telefonate a far agire con urgenza un giudice della capitale era meglio prendere la cosa con la dovuta serietà e abbandonare la sfida personale che fin lì mi aveva visto incassare un duro colpo, pur convinto che quest'esperienza mi dimostrava che, anche quando logica e giustizia "morale" sembrano essere dalla nostra parte, i prepotenti e gli sciocchi a volte riescono ad avere ragione ed è meglio non mettercisi contro, in particolare quando giocano a casa loro.

Trascorso un tranquillo fine settimana saldamente incatenato al pontile, il lunedì mattina mi misi in contatto con il Tribunale Marittimo, ottenendo in giornata il dissequestro dell'imbarcazione e, di nuovo, i saluti e gli auguri di buone vacanze da parte della Polizia Marittima.
 
Cpt. Fab
Hold fast and live lightly