Periplo - Leg 2 di 3

Partiti da Genova il 2 agosto, dopo 10 giorni e 500 miglia di navigazione siamo arrivati a Tropea dove ci aspettano l’amico Fabrizio e sua figlia Deanis, coi quali ceniamo nello spettacolare e affollatissimo centro storico e il giorno dopo, il 13 agosto, io e Iva andiamo a ritirare l’auto con cui andremo alla stazione di Lamezia Terme a prendere Santiago, Maria Chiara e Ambra in arrivo dal Ticino, ma non prima di avere procurato i rifornimenti per la cambusa di Tilda, in particolare acqua e bibite per affrontare l’afa. Ai nuovi arrivati tocca sorbirsi l’ennesimo (per me) briefing sulla sicurezza e il funzionamento dell’imbarcazione.


Il 14 mattina mettiamo la prua fuori dal porto e facciamo rotta a ovest verso Stromboli, che dista 32 miglia. Qui al sud Italia è un periodo di pressione livellata e di poco vento, perciò percorriamo la distanza interamente a motore, ma all’arrivo siamo ricompensati dalla bellezza del vulcano, il cosiddetto faro del Mediterraneo. Ancoriamo in circa 12 metri di profondità tra le centinaia di barche arrivate per il ferragosto.


Il 15 agosto, le previsioni danno vento da nord ovest in rinforzo e questo spinge la maggior parte dei diportisti a lasciare l’ormeggio notoriamente poco protetto, ma io mi convinco che l’onda lunga non sarà così fastidiosa e decido di rimanere dove siamo. Sbarchiamo a metà mattina alla ricerca del bar Ingrid celebre per le sue granite e la meravigliosa terrazza sul mare. La salita ci fa sudare parecchio ma il gioco vale la candela.


Il 16 agosto alle quattro di mattina salpiamo e ci spostiamo sul lato nord-ovest dell’isola, di fronte alla sciara del fuoco, da dove godiamo di due ore di tipiche eruzioni stromboliane, con due fontane, brandelli di lava, bombe vulcaniche che esplodono fragorosamente e vengono lanciate a decine di metri di altezza, e il magma che cola lungo la fiancata. Poco dopo l’alba ci mettiamo in rotta per lo stretto di Messina con destinazione Taormina.


Il viaggio è all’insegna dell’assenza di vento, perciò a bordo di una barca piatta sul mare ci inventiamo ogni modo possibile per ingannare il tempo, c’è chi fa i compiti di scuola, chi legge romanzi, chi gioca a backgammon e chi cucina. Tutti mangiamo, perché si sa che in barca l’appetito non manca mai.


Il passaggio dello stretto tra Scilla e Cariddi, si sa, non è mai scontato, i gorghi, i mulinelli, la corrente e il traffico dei traghetti mettono alla prova i nervi del timoniere. Siamo così fortunati da avvistare quattro moderne feluche intente nella caccia al pesce spada, le vediamo correre lungo la costa coi loro impressionanti tralicci per l’avvistamento, cambiando direzione in modo repentino e poi vediamo un uomo con l’arpione in manocamminare lungo la passerella di prua lunga più di quaranta metri. È una distrazione che ci aiuta a superare l’ultimo ostacolo prima di arrivare nella baia sotto Taormina, dove gettiamo l’ancora e ci tuffiamo per rinfrescarci.


Il 17 agosto l’equipaggio si divide in due, il gruppo “turisti” composto da Fabrizio, Deanis, Ambra, Santiago e Maria Chiara sale in paese per un visita, mentre il gruppo “tecnico” prende il treno per andare al Marina di Riposto ad acquistare una nuova pompa autoclave, visto che quella di bordo ha deciso di smettere di lavorare.


È domenica 18 agosto, siamo rilassati, in modalità “vacanza”, le previsioni danno 8-12 nodi di vento da nord, così partiamo a vele spiegate per attraversare lo stretto verso la Calabria e poi risalire la costa fin Capo Rizzuto. Dopo neanche un’ora il vento sale a 20 nodi rafficato, il mare si increspa e decidiamo di mettere una mano di terzaroli alla maestra. Appena terminata la manovra il vento arriva a forza di burrasca e ci prende alla sprovvista con troppa vela a riva, quindi facciamo rotta verso sud con andatura al lasco per sventare un po’ le vele e cominciamo a terzarolare tutto per poter proseguire verso est. Incassiamo il colpo con alcuni punti scuciti sullo Yankee e un po’ di spavento, mai abbassare la guardia.


Il 19 agosto, dopo 120 miglia in quasi ventiquattr’ore di navigazione con venti incostanti arriviamo a Capo Rizzuto e mettiamo l’ancora in rada a est del faro. Caliamo il dinghy in acqua e pranziamo in spiaggia. A pancia piena ragioniamo sul fatto che il gasolio rimasto potrebbe non bastare fino a Trieste, perciò contattiamo il distributore di Crotone e concordiamo di fare rifornimento la sera stessa. Nel pomeriggio ci vengono a salutare due donne che hanno ancorato vicino a noi, ci raccontano della difficile traversata dell’Adriatico e che intendono proseguire verso la Tunisia per lasciare la barca a Bizerte; è sempre bello condividere storie ed esperienze per mare. Alle cinque di pomeriggio cominciamo a salpare ma la catena è incastrata sotto diversi massi e devo immergermi con le bombole per riuscire a districare la matassa. Solo alle sei riusciamo a lasciare la baia e percorriamo a motore le 16 miglia che ci separano da Crotone, dove arriviamo verso le 21, carichiamo 450 litri di gasolio da un simpatico benzinaio che ci regala una bottiglia di vino calabrese, ci consente di rimanere ormeggiati un paio d’ore al pontile e ci lascia accesso libero a bagni e docce. Questo ci permette di riprendere fiato e dare un’occhiata alle previsioni, visto che negli ultimi giorni il clima è cambiato e basse pressioni si muovono sul Mediterraneo. Alle 23 lasciamo Crotone e con un buon vento da nord cominciamo ad attraversare il Golfo di Taranto. Durante la notte fulmini appaiono all’orizzonte in direzione sud-est. La mattina del 20 agosto a 15 miglia da Santa Maria di Leuca avvistiamo rannuvolamenti e fulmini a poppa che si muovono verso di noi. Il radar è acceso per tenere sotto controllo lo spostamento delle masse nuvolose quando ad un certo punto avvisto a circa otto miglia da noi una tromba marina che dal mare sale fino alle nuvole. È la prima volta che mi succede di incontrarne una in mare e la prima reazione e quella di osservarne il movimento per cercare di sfuggirle. Comincia a salire l’ansia a bordo, qualcuno chiede cosa succederebbe se ci raggiungesse, altri domandano cosa provocano i fulmini alle imbarcazioni. Così decido di aumentare i giri del motore e cambiare rotta, anche se questo ci allontana da terra, per provare ad infilarci in uno sprazzo di sereno tra le nuvole sempre più nere. Per quanto corriamo, la coda del temporale ci colpisce con raffiche di 30 nodi, ma per fortuna dopo alcuni minuti la tromba d’aria si dissolve. Le quattro ore successive le passiamo risalendo la costa orientale della Puglia sotto un pesante acquazzone, mai presa così tanta acqua in vita mia.


Arrivati a Otranto il tempo si rasserena, entriamo in baia e diamo àncora tra le diverse barche a vela rifugiatesi qui dal temporale. La sera scendiamo a terra per cena anche se senza prenotazione non troviamo nemmeno un tavolo libero e ci accontentiamo di un take away consumato sulle bianche scale di un edificio discosto dal transito dei turisti.


Il 21 agosto si conclude la seconda tappa del periplo con 420 miglia nautiche in otto giorni, per un totale di 926 miglia dalla partenza. Sbarcano Fabri, Deanis e Ambra e s’imbarca Gianpasquale con il suo carico generoso di ogni bendidìo: cocomeri, pomodori, orecchiette fresche, uva, fichi, pere, cacioricotta, caciocavallo e pasticcini alle mandorle. Giusto il tempo di mettere via la spesa e ci prepariamo a salpare verso nuovi orizzonti.


Nella prossima puntata racconterò la terza tappa, da Otranto passando per la bellissima costa croata fino all’emozionante arrivo a Venezia.

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